Come insegna la Cassazione (sentenza n. 3989 del 2015), la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. è di natura contrattuale e sul piano probatorio incombe al lavoratore, che lamenti di aver subito un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa, l’onere di provare l’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso di causalità tra questi due elementi, gravando invece sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno: cioè l’adozione sia delle specifiche misure espressamente e specificatamente indicate dalla legge o da altra fonte vincolante in relazione alla specifica attività lavorativa oggetto di prestazione, sia di quelle misure innominate ricavabili, ex art. 2087 c.c., da conoscenze sperimentali e tecniche con riferimento alle concrete particolarità del rapporto.
In altre parole, il lavoratore deve provare:
- l’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso di causalità tra questi due elementi;
il datore di lavoro deve provare: - aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno;
- specifiche misure espressamente e specificatamente indicate dalla legge o da altra fonte vincolante in relazione alla specifica attività;
- misure innominate ricavabili, ex art. 2087 c.c., da conoscenze sperimentali e tecniche con riferimento alle concrete particolarità.
Attenzione, quindi, al fatto che il datore di lavoro, allorquando venga accertata la responsabilità nella causazione del sinistro, è tenuto a risarcire il c.d. danno differenziale, cioè l’ulteriore danno non coperto dall’INAIL.